Il trading online è un’attività che può far guadagnare del denaro, e come ogni altro investimento il guadagno generato (capital gain) è soggetto a tassazione.
La questione fiscale spesso è lasciata un po’ a margine. Un po’ tecnica, un po’ confusa, e si finisce con il non informarsi a dovere.
Questo gap di conoscenza crea le condizioni perfette per chi vuole mettere in atto una truffa di trading. La maggior parte delle frodi moderne si verificano così: un finto broker chiede alla vittima di pagare una tassa per sbloccare un guadagno e prelevarlo.
Tante testimonianze di trading lo raccontano. E alla fine, la vittima non solo non vede i guadagni ma perde anche la cifra versata in tasse (che imposte non sono).
Cerchiamo allora di fare chiarezza. Ecco come funziona la tassazione sul trading online in parole semplici, quando e come si pagano le tasse e cosa tenere bene a mente.
Quali sono le tasse sugli investimenti
DA SAPERE: la tassazione sul trading online in Italia è pari al 26% del capital gain (la plusvalenza generata con l’investimento). Se investi 1.000 euro e ottieni 100 euro di plusvalenza (+10%), l’imposta da pagare è di 26 euro (26% di 100€ euro).
Le eventuali plusvalenze da trading online sono tassate con la stessa imposta sostitutiva applicata a qualsiasi investimento finanziario in Italia. Le imposte si pagano solo sulle plusvalenze generate (non sul capitale investito), e le percentuali da ricordare sono tre1:
- 26% su tutti gli investimenti, tranne i titoli di Stato;
- 12,50% sui titoli di Stato italiani;
- 0,20% su conto titoli e conto deposito.
26% sui profitti da trading
Il peso della tassazione cambia in base alla tipologia di strumento negoziato. Sulla maggior parte delle asset class il fisco in Italia applica una tassazione del 26% sul capital gain. Le asset class interessate sono: titoli azionari, fondi comuni, ETF, obbligazioni, indici, materie prime, warrant, certificates, derivate, valute e criptovalute.
Sulle crypto l’imposta potrebbe passare dal 26% al 42% con la manovra di bilancio 2025, ma al momento niente è ancora certo.
Sono tassati al 26% anche rendimenti da investimento correlati come:
- cedole di obbligazioni di società private;
- dividendi azionari;
- staking di criptovalute;
- rendimenti da crowdfunding;
- interesse sui conti deposito o conti remunerati.
Tassazione agevolata al 12,50%
Alcuni prodotti finanziari hanno invece una tassazione agevolata al 12,5%. Si tratta dei BTP (Buoni del Tesoro Poliennali), i BOT (Buoni del Tesoro) e degli altri prodotti finanziari che contengono al loro interno i Titoli di Stato. Ad esempio, se acquisti un fondo monetario che nel suo paniere contiene BOT o BTP, la tassazione sui rendimenti collegati a queste obbligazioni governative è del 12,5%.
Imposta di bollo sul conto titoli
Infine, se al 31 dicembre dell’anno in corso hai un conto titoli (con azioni, obbligazioni, titoli di stato, ecc.) o un conto deposito aperto e non intendi chiuderlo, lo Stato applica una imposta di bollo pari allo 0,2% sulla giacenza a fine periodo, a prescindere dall’importo investito.
Come si pagano le tasse sul trading online
DA RICORDARE: broker e banche italiani operano quasi sempre in regime amministrato, cioè sbrigano loro per te il calcolo e il pagamento delle tasse sul trading (fanno da sostituto d’imposta). Broker e banche straniere invece operano in regime dichiarativo, cioè lasciano a te (cliente) l’onere di dichiarare i guadagni da trading e pagare le tasse. Non devono chiederti alcuna tassa.
- sistema amministrato;
- sistema dichiarativo.
Le tasse sulle plusvalenze da trading si pagano in due modi diversi a seconda del broker a cui ti appoggi2. Se scegli un intermediario con sede in Italia, il pagamento è automatico. Il broker (banca o società d’investimento) infatti agisce da sostituto d’imposta.
Questo significa che quando chiudi una posizione sui mercati, l’intermediario trattiene già la percentuale di plusvalenza (26% o 12,50%) che devi dare allo Stato. Non dovrai preoccuparti di niente in fase di dichiarazione dei redditi.
I broker che non hanno sede in Italia, invece, seguono per forza il cosiddetto regime dichiarativo. Quando generi una plusvalenza, il broker non trattiene nulla (al netto di commissioni e spread). Al momento della dichiarazione dei redditi bisognerà inserire quei guadagni in dichiarazione, e pagare le tasse sulle eventuali plusvalenze.
L’aspetto fondamentale di tutto questo è però un altro. Nessun broker straniero agisce da sostituto d’imposta e quindi non è autorizzato a chiedere al cliente alcuna tassa per sbloccare prelievi di denaro. Se il broker estero ti chiede di pagare delle tasse sta mettendo in atto una truffa.
Quando si pagano le tasse sul trading online
DA RICORDARE: le tasse sul trading si pagano o al momento della chiusura della posizione (vendita), se il broker agisce da sostituto d’imposta, oppure in sede di dichiarazione dei redditi (fine giugno) se il broker opera in regime dichiarativo.
Le tasse sul trading si pagano dopo la chiusura di una posizione. Un broker sostituto d’imposta semplifica il processo di tassazione: applicherà in automatico l’imposta sostitutiva del 26% (o quella agevolata del 12,5%) sul guadagno generato.
Se vendi un titolo azionario e generi una minusvalenza (perdita), non devi pagare alcuna tassa.
Un broker con sede all’estero non è tenuto a trattenere per te le tasse sul trading. In questo caso dovrai essere tu a versarle:
- entro il 30 giugno dell’anno successivo;
- entro il 31 luglio, in caso di ritardo, con una maggiorazione dello 0,40% come penale.
Il pagamento delle tasse sugli investimenti finanziari si effettua solo ed esclusivamente tramite modello F24, da inviare all’Agenzia delle Entrate tramite commercialista o in autonomia.
Nessun broker incassa le imposte da trading online e gira il denaro all’Agenzia delle Entrate.
Come dichiarare gli investimenti in dichiarazione dei redditi
I guadagni generati dal trading online e da altri strumenti finanziari vanno inseriti:
- nel modello 730, se hai un reddito da lavoro dipendente o una pensione;
- nel modello PF (Persone Fisiche), se sei un autonomo con partita IVA.
Dovranno essere compilate diverse sezioni ognuna con specifiche informazioni. Il conto trading, in quanto conto estero, va dichiarato nella sezione RW anche se non si supera il limite dei 5.000 euro.
Oltre questa soglia sarai tenuto anche al versamento dell’imposta di bollo, che in questo caso si chiama IVAFE, pari a 34,20€.
I proventi collegati al trading online e ad altri investimenti vanno inseriti nelle seguenti sezioni:
- Quadro RT: plusvalenze generate dalla compravendita di azioni, ETF, altri strumenti finanziari;
- Quadro RL: plusvalenze collegati ai dividendi, allo staking, alle cedole delle obbligazioni e i rendimenti degli ETF, nonché quelli dei conti remunerati e deposito;
- Quadro RM: plusvalenze derivanti da asset su cui si applica un’imposta agevolata, come i BTP.
Infine, i guadagni dovuti alla vendita delle crypto vanno inseriti sempre nel quadro RT, ma solo se superano il controvalore di 2.000€.
Per evitare errori conviene rivolgersi a un commercialista esperto o a una società specializzata nel calcolo delle imposter per la dichiarazioni dei redditi.
La truffa delle tasse sul trading
Ricapitoliamo alcuni aspetti:
- l’attività di trading è soggetta a una tassazione pari al 26%;
- le tasse si versano solo se ci sono guadagni;
- se il broker ha sede in Italia è incaricato ad agire da sostituto d’imposta;
- se il broker è estero devi essere tu a dichiarare le plusvalenze e le minusvalenze;
- in quest’ultimo caso le tasse si pagano tramite modello F24 direttamente all’Agenzia delle Entrate.
Molte, moltissime persone vengono contattate al telefono ogni giorno da falsi broker che propongono di investire sui mercati finanziari (azioni, criptovalute, ecc.) con un piccolo importo iniziale (200 o 250 euro).
In poco tempo, quei soldi diventano improvvisamente tantissimi e la vittima viene ricontattata per continuare a investire. Se sceglie di prelevare, il truffatore spiega che occorre pagare una tassa sulle plusvalenze per sbloccare l’importo.
Se la vittima non accetta, i truffatori continuano a contattare o addirittura minacciare. Dicono che c’è il rischio di perdere l’intera cifra, ad esempio bloccata nella blockchain o in una banca straniera, oppure di una denuncia da parte delle autorità straniere.
Tutto falso. Non esiste nessuna tassa da pagare né sulle crypto (bitcoin, ethereum, ecc.) né su altre asset class. Inoltre non si rischia alcuna denuncia perché l’investitore residente in Italia non deve versare alcuna imposta ad altri paesi stranieri.
Anche se segui le indicazioni del fantomatico servizio clienti, la situazione non cambierà. Anzi, nel giro di pochi giorni riceverai un’altra telefonata in cui ti verrà chiesto di versare ancora denaro con una scusa diversa.
Un broker autorizzato e regolamentato non contatterà mai direttamente il cliente, ma invierà sempre una comunicazione ufficiale via e-mail, in app o sulla piattaforma di trading.
Vittima di una truffa di trading?
Se hai subito una truffa hai la possibilità di denunciarla subito. Contatta la nostra associazione per richiedere una consulenza al nostro ufficio legale, con cui analizzerai il caso per lasciarti alle spalle la truffa e provare a ottenere il risarcimento.
Hai già avuto esperienze di questo tipo? Condividi la tua testimonianza nei commenti, il tuo vissuto può aiutare altre persone a non cadere in trappola.
FAQ – Tassazione trading online in Italia
I guadagni derivanti dal trading online sono tassati con un’aliquota del 26%. Devi dichiararli a fine anno se il broker opera in regime dichiarativo, mentre se adotta quello amministrato sarà il broker stesso a scalare l’imposta direttamente dal capital gain ottenuto.
Nel caso di mancata dichiarazione dei tuoi investimenti o del conto estero puoi essere soggetto a sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate. Dovrai pagare le imposte in ritardo con un ravvedimento operoso per non incorrere nel penale.
Non devi dichiarare gli investimenti effettuati con un broker sostituto d’imposta (banca o società italiana). Sarà la piattaforma ad applicare l’imposta sostitutiva al momento della chiusura della posizione, accreditando sul tuo conto di trading il guadagno già al netto delle tasse.
No. Nessun broker può chiederti delle tasse. Gli intermediari con sede fiscale in Italia agiscono da sostituto d’imposta e fanno da sé. Gli altri invece non sono autorizzati a trattenere imposte per conto di investitori italiani.
Assolutamente no. Nessun broker può bloccare un conto di trading per chiederti di pagare un’imposta. Il pagamento delle tasse sugli investimenti avviene o in automatico (se il broker opera in regime amministrato) o è a carico tuo (regime dichiarativo).
- Tassazione trading online in Italia, Partitaiva.it ↩︎
- Trading e fisco: la tassazione delle rendite finanziarie, Banco BPM ↩︎
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